Cip - parto 16/04/15 - Davide
Inviato: 04/05/2015, 8:14
Il 15 aprile, a mezzanotte, rilevo del muco striato di sangue e alle 5 del mattino mi sveglio nuovamente perché Davide mi ha tirato un bel calcio: si rompono le membrane! Neanche un’ora e partono le contrazioni…io sono eccitatissima e non vedo l’ora di conoscere il nostro cucciolo!
Le ostetriche arrivano alle 6, le acque sono belle ma scarse poiché le membrane si son rotte in alto, le contrazioni sono irregolari (ogni 5/10 minuti).
Qui inizia la fase più lunga del nostro viaggio. A causa di questo particolare le contrazioni faticano a partire bene e sono poco efficaci, anche se comunque sempre più intense come dolore.
Le ostetriche ci lasciano soli a casa dicendoci di richiamarle quando saranno più regolari e intense.
Io e il maritino passiamo tutta la giornata tra una contrazione e l’altra, fatico a star comoda sia sdraiata che a carponi perché mi viene male alle anche. La palla invece mi rilassa, quindi mi ci siedo sopra, mi dondolo e vocalizzo.
Alle 17 chiamiamo le ostetriche perché inizio a sentirmi strana e la mente sta fissa sulla contrazione, se non riesco a vocalizzare in tempo il dolore lo sento forte. Son sempre sulla palla nel buio della camera da letto, vocalizzo e canto come ho imparato al corso, mio marito mi sostiene e mi supporta, ad ogni ondata ci stringiamo in un abbraccio.
Le ostetriche mi visitano nuovamente, le cose cambiano ma molto lentamente purtroppo, il fatto che io non riesca a riposare non aiuta.
Da qui in poi le ore proseguono, ci addentriamo nella notte e i miei ricordi si fanno confusi, perdo il senso del tempo e dello spazio. Ricordo che le contrazioni si fanno più intense, ma cantando come mi hanno insegnato al corso mi sento come lontana dal mio corpo e questo allontana la mente dal dolore.
Immagini si susseguono nella mia mente, io aggrappata al tavolo o dentro la vasca, Paolo mi abbraccia, le ostetriche mi massaggiano e scaldano gli asciugamani.
Arriviamo così alle 5 del mattino del 16 aprile. Le ostetriche mi visitano nuovamente. Il dolore che provo questa volta è intenso, sto male, piango. Finita la visita sono scossa dal dolore e cerco l’abbraccio di Paolo.
Purtroppo la dilatazione non è proceduta molto, sono passate 24h dalla rottura delle membrane, io sono distrutta perché è dallo stesso numero di ore che non chiudo occhio, le pause tra una contrazione e l’altra non mi danno il tempo di recuperare abbastanza le forze e il mio corpo ne risente, rallentando quello che invece dovrebbe accelerare. Dentro di me inizia a farsi spazio la parola “ospedale”, mio marito si avvicina alla pancia e chiede a Davide di non aver paura che noi siamo con lui.
Rospetto sta benissimo, il suo cuore galoppa felice e questo mi fa stare comunque tranquilla. Mi propongono un massaggio di polarity nella speranza di sbloccare qualcosa, ma le contrazioni rallentano ulteriormente.
Sono le 7:30 ci dicono che dovremo trasferirci in ospedale. Ho subito provato una grande tristezza e immediatamente ho cercato la mano e lo sguardo di Paolo.
Rimaniamo soli in camera, ci abbracciamo, condividiamo i nostri timori. Ho paura mi inducano e che con tutta la stanchezza accumulata in queste ore impazzirò dal dolore, ho paura che parta una reazione a catena che non sapremo evitare…
Se prima avevo perso il senso del tempo nel buio della notte, tra il calore delle persone che mi circondavano e con i vocalizzi…ora la luce del giorno e questi pensieri mi fanno sentire in una bolla.
Iniziamo a prepararci per il trasferimento. Elena, l’ostetrica più giovane torna a casa a riposare, Anna, quella anziana, rimane con noi, sistema casa e ci accompagnerà in ospedale. Paolo prepara la valigia e io faccio colazione, cerco di capire cosa ci aspetta.
Anna mi rassicura che in ospedale c’è la caposala e che lei la conosce bene. Non sa se potranno rimanere con noi, ma comunque non usciranno dall’ospedale finchè Davide non è nato.
In valigia mettiamo il minimo indispensabile, dimentichiamo un sacco di cose ma non importa, vogliamo solo che questo cucciolo nasca e poi tornare nel caldo di casa.
Alle 9 entriamo in ospedale, Anna chiede subito della caposala che ci accoglie gentilmente e permetterà alle mie ostetriche di seguirci in ogni passo. Mi presentano un’ostetrica scorbutica che vedrò solo 3 volte (antibiotico, tracciato e in sala parto). Dopo una prima visita ci portano in una camera doppia ma dove siamo soli per fortuna, almeno posso concentrarmi solo su me stessa. Mi fanno l’antibiotico e un primo tracciato: ovviamente va tutto benissimo, solo Davide ha bisogno di più tempo e io pure probabilmente.
Le contrazioni proseguono, forti, intense...ritrovo il mio mondo e riesco nuovamente ad estraniarmi dal mio corpo. Non ricordo nulla delle ore che seguiranno, solo le emozioni e qualche immagine qua e la.
Vorrei potermi appigliare da qualche parte per scaricare la forza della contrazione, ma mi circondano solo oggetti freddi che mi infastidiscono. Mi aggrappo al letto e dondolo, Paolo mi massaggia la schiena e il bacino. Arriva così l’ora di pranzo, Anna ci lascia soli mentre va a pranzare dicendoci che presto arriverà Elena per stare con noi, così lei può riposare.
Mi portano un pranzo nauseabondo, mangio giusto un po’ di purea e mezza pera cotta. Le contrazioni son sempre più dolorose e mi faccio una doccia per sciogliere i muscoli, in particolare le anche che sono sempre più dolenti e non mi permettono di coricarmi. Secondo tracciato e seconda dose di antibiotico, fisicamente sono a pezzi, ma non si sa come il mio corpo ha un’energia immensa. Paolo mi aiuta a rimanere concentrata sui vocalizzi. Mentre mi sposto da un angolo all’altro della stanza una contrazione più forte delle altre mi spezza il corpo in due e mi appendo al collo di Paolo con tutte le mie forze, mi abbandono e lui mi sorregge. Forse così il dolore va meglio e ad ogni ondata successiva la affronteremo così.
Elena arriva alle 14 e sono felicissima, vorrei abbracciarla ma una contrazione mi interrompe, mi aggrappo a lei.
Alle 15 mi portano a fare una visita dal ginecologo. Non ricordo niente di questa visita, so solo che quando rientriamo in camera Elena è felicissima, mi guarda radiosa dicendomi che sta andando benissimo che siamo a 5 cm e non mi daranno proprio nulla. Io non capisco cosa mi sta dicendo, ma la vedo felice e questo mi da forza.
Le contrazioni proseguono, il dolore alle anche mi sta distruggendo, non riesco a trovare tregua e decidiamo di ritentare con una doccia. Paolo si siede al di la del vetro e vedo la sua mano in trasparenza. La doccia mi aiuta leggermente ma non riesco a star comoda li seduta. Esco e mi appendo immediatamente a Paolo. Sento di dover spingere “ho paura, è troppo presto”. Paolo ride “ma sono più di 30 ore, non può essere presto”. Elena si infila sotto di me, la sento dire qualcosa ed uscire. Poco dopo sono sul letto con l’ostetrica dell’ospedale che mi visita. Mi dicono di spingere e io sto impazzendo dal dolore alle anche che è insostenibile sdraiata così. Elena è luce in viso “Davide sta arrivando, bravissima!“. Mi fanno sedere in carrozzina e voliamo in sala parto, tutti quanti, anche la mia ostetrica!
Salgo su un letto strano e mi appendo alla liana, inizialmente sono scomoda ma poi riesco a sfruttare tutte le mie contrazioni. Ricordo un vago bruciore ma nulla di più. Paolo mi rinfresca la fronte, il collo…dopo poco arriva anche Anna e insieme vocalizziamo, mi sento lontana dal mio corpo, sento che è al limite ma non cede. Una voce emerge “forse tra un po’ sentirai bruciare”, rispondo “è da un bel pezzo che sento bruciare!”, Paolo accanto a me ride. Ricordo la sua voce tremante “c’è Davide, arriva”, lo sento emozionato e non vedo l’ora di regalargli questa enorme felicità. Spingo più forte che posso.
La voce esplode fuori dal mio corpo, un enorme calore, poi la pausa. Sento dei movimenti e mi dicono che è Davide, che è lui che si sta muovendo per venir fuori. Arriva una contrazione, spingo a più riprese ed ecco che lo sento scivolare fuori da me, un urletto immediato “dov’è, dov’è?” Eccolo tra le mie gambe, mi metto seduta e il mio corpo è molle, non lo sento più, ogni dolore è sparito. Piccolo topino caldo appoggiato al mio petto, è l’amore che esplode. Guardo Paolo e gli dico che è meraviglioso, che lo abbiamo fatto noi. Vedo le mie ostetriche vicino, mi ricordano che il parto deve ancora finire. Sento questo corpicino caldo sulla mia pelle, è soffice. Mio marito emozionatissimo, la voce tremante. Ecco una contrazione e la spingo fuori, nasce la placenta, la sento fresca.
Davide piange, io lo abbraccio stretto a me. E siamo in cerchio attorno a lui e iniziamo a cantare la canzone che lo ha accompagnato per gli ultimi mesi di gravidanza. Al suono delle nostre voci pian piano si rasserena e si attacca al mio seno. E’ la perfezione, la dolcezza. Le nostre ostetriche ci salutano, quelle dell’ospedale non le ricordo neanche, non so dove sono andate e non le rivedrò pi. Rimaniamo soli per due ore in sala, parto ci coccoliamo, ci abbracciamo e godiamo di ogni istante.
E così si conclude il nostro lungo viaggio con prodomi intensi durati per circa 32 ore, un travaglio attivo di 3h30 e 30 minuti di fase espulsiva. Di queste ore ne ricordo solo alcune, molto mi è stato riportato dalle mie ostetriche e da mio marito, io ho solo vaghi flash qua e la di immagini…la sera son rimasta in ospedale, poi dimissioni anticipate. Mentre ero li, nella notte, una mamma è entrata in travaglio attivo…la sentivo urlare a squarciagola e avrei voluto correre ad abbracciarla e cantare con lei. I vocalizzi son stati fondamentali, hanno allontanato il dolore da me e mi hanno fatto resistere a tutte queste ore.
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SCHEDA PARTO
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Informazioni Aggiuntive
località: Piemonte / Torino
data racconto 4/5/2015
anno parto 16/4/2015
feti n° 1
parto n° 1
tipo di parto: vaginale
periodo (settimane) 38+6
struttura: ospedale
[b]Tag[/]
naturale non medicalizzato
senza epidurale
travaglio in acqua
rottura acque (intesa come PROM=rottura prematura delle mebrane)
taglio cordone ritardato
utero retroverso
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Altri racconti qua: raccolta racconti del parto
Le ostetriche arrivano alle 6, le acque sono belle ma scarse poiché le membrane si son rotte in alto, le contrazioni sono irregolari (ogni 5/10 minuti).
Qui inizia la fase più lunga del nostro viaggio. A causa di questo particolare le contrazioni faticano a partire bene e sono poco efficaci, anche se comunque sempre più intense come dolore.
Le ostetriche ci lasciano soli a casa dicendoci di richiamarle quando saranno più regolari e intense.
Io e il maritino passiamo tutta la giornata tra una contrazione e l’altra, fatico a star comoda sia sdraiata che a carponi perché mi viene male alle anche. La palla invece mi rilassa, quindi mi ci siedo sopra, mi dondolo e vocalizzo.
Alle 17 chiamiamo le ostetriche perché inizio a sentirmi strana e la mente sta fissa sulla contrazione, se non riesco a vocalizzare in tempo il dolore lo sento forte. Son sempre sulla palla nel buio della camera da letto, vocalizzo e canto come ho imparato al corso, mio marito mi sostiene e mi supporta, ad ogni ondata ci stringiamo in un abbraccio.
Le ostetriche mi visitano nuovamente, le cose cambiano ma molto lentamente purtroppo, il fatto che io non riesca a riposare non aiuta.
Da qui in poi le ore proseguono, ci addentriamo nella notte e i miei ricordi si fanno confusi, perdo il senso del tempo e dello spazio. Ricordo che le contrazioni si fanno più intense, ma cantando come mi hanno insegnato al corso mi sento come lontana dal mio corpo e questo allontana la mente dal dolore.
Immagini si susseguono nella mia mente, io aggrappata al tavolo o dentro la vasca, Paolo mi abbraccia, le ostetriche mi massaggiano e scaldano gli asciugamani.
Arriviamo così alle 5 del mattino del 16 aprile. Le ostetriche mi visitano nuovamente. Il dolore che provo questa volta è intenso, sto male, piango. Finita la visita sono scossa dal dolore e cerco l’abbraccio di Paolo.
Purtroppo la dilatazione non è proceduta molto, sono passate 24h dalla rottura delle membrane, io sono distrutta perché è dallo stesso numero di ore che non chiudo occhio, le pause tra una contrazione e l’altra non mi danno il tempo di recuperare abbastanza le forze e il mio corpo ne risente, rallentando quello che invece dovrebbe accelerare. Dentro di me inizia a farsi spazio la parola “ospedale”, mio marito si avvicina alla pancia e chiede a Davide di non aver paura che noi siamo con lui.
Rospetto sta benissimo, il suo cuore galoppa felice e questo mi fa stare comunque tranquilla. Mi propongono un massaggio di polarity nella speranza di sbloccare qualcosa, ma le contrazioni rallentano ulteriormente.
Sono le 7:30 ci dicono che dovremo trasferirci in ospedale. Ho subito provato una grande tristezza e immediatamente ho cercato la mano e lo sguardo di Paolo.
Rimaniamo soli in camera, ci abbracciamo, condividiamo i nostri timori. Ho paura mi inducano e che con tutta la stanchezza accumulata in queste ore impazzirò dal dolore, ho paura che parta una reazione a catena che non sapremo evitare…
Se prima avevo perso il senso del tempo nel buio della notte, tra il calore delle persone che mi circondavano e con i vocalizzi…ora la luce del giorno e questi pensieri mi fanno sentire in una bolla.
Iniziamo a prepararci per il trasferimento. Elena, l’ostetrica più giovane torna a casa a riposare, Anna, quella anziana, rimane con noi, sistema casa e ci accompagnerà in ospedale. Paolo prepara la valigia e io faccio colazione, cerco di capire cosa ci aspetta.
Anna mi rassicura che in ospedale c’è la caposala e che lei la conosce bene. Non sa se potranno rimanere con noi, ma comunque non usciranno dall’ospedale finchè Davide non è nato.
In valigia mettiamo il minimo indispensabile, dimentichiamo un sacco di cose ma non importa, vogliamo solo che questo cucciolo nasca e poi tornare nel caldo di casa.
Alle 9 entriamo in ospedale, Anna chiede subito della caposala che ci accoglie gentilmente e permetterà alle mie ostetriche di seguirci in ogni passo. Mi presentano un’ostetrica scorbutica che vedrò solo 3 volte (antibiotico, tracciato e in sala parto). Dopo una prima visita ci portano in una camera doppia ma dove siamo soli per fortuna, almeno posso concentrarmi solo su me stessa. Mi fanno l’antibiotico e un primo tracciato: ovviamente va tutto benissimo, solo Davide ha bisogno di più tempo e io pure probabilmente.
Le contrazioni proseguono, forti, intense...ritrovo il mio mondo e riesco nuovamente ad estraniarmi dal mio corpo. Non ricordo nulla delle ore che seguiranno, solo le emozioni e qualche immagine qua e la.
Vorrei potermi appigliare da qualche parte per scaricare la forza della contrazione, ma mi circondano solo oggetti freddi che mi infastidiscono. Mi aggrappo al letto e dondolo, Paolo mi massaggia la schiena e il bacino. Arriva così l’ora di pranzo, Anna ci lascia soli mentre va a pranzare dicendoci che presto arriverà Elena per stare con noi, così lei può riposare.
Mi portano un pranzo nauseabondo, mangio giusto un po’ di purea e mezza pera cotta. Le contrazioni son sempre più dolorose e mi faccio una doccia per sciogliere i muscoli, in particolare le anche che sono sempre più dolenti e non mi permettono di coricarmi. Secondo tracciato e seconda dose di antibiotico, fisicamente sono a pezzi, ma non si sa come il mio corpo ha un’energia immensa. Paolo mi aiuta a rimanere concentrata sui vocalizzi. Mentre mi sposto da un angolo all’altro della stanza una contrazione più forte delle altre mi spezza il corpo in due e mi appendo al collo di Paolo con tutte le mie forze, mi abbandono e lui mi sorregge. Forse così il dolore va meglio e ad ogni ondata successiva la affronteremo così.
Elena arriva alle 14 e sono felicissima, vorrei abbracciarla ma una contrazione mi interrompe, mi aggrappo a lei.
Alle 15 mi portano a fare una visita dal ginecologo. Non ricordo niente di questa visita, so solo che quando rientriamo in camera Elena è felicissima, mi guarda radiosa dicendomi che sta andando benissimo che siamo a 5 cm e non mi daranno proprio nulla. Io non capisco cosa mi sta dicendo, ma la vedo felice e questo mi da forza.
Le contrazioni proseguono, il dolore alle anche mi sta distruggendo, non riesco a trovare tregua e decidiamo di ritentare con una doccia. Paolo si siede al di la del vetro e vedo la sua mano in trasparenza. La doccia mi aiuta leggermente ma non riesco a star comoda li seduta. Esco e mi appendo immediatamente a Paolo. Sento di dover spingere “ho paura, è troppo presto”. Paolo ride “ma sono più di 30 ore, non può essere presto”. Elena si infila sotto di me, la sento dire qualcosa ed uscire. Poco dopo sono sul letto con l’ostetrica dell’ospedale che mi visita. Mi dicono di spingere e io sto impazzendo dal dolore alle anche che è insostenibile sdraiata così. Elena è luce in viso “Davide sta arrivando, bravissima!“. Mi fanno sedere in carrozzina e voliamo in sala parto, tutti quanti, anche la mia ostetrica!
Salgo su un letto strano e mi appendo alla liana, inizialmente sono scomoda ma poi riesco a sfruttare tutte le mie contrazioni. Ricordo un vago bruciore ma nulla di più. Paolo mi rinfresca la fronte, il collo…dopo poco arriva anche Anna e insieme vocalizziamo, mi sento lontana dal mio corpo, sento che è al limite ma non cede. Una voce emerge “forse tra un po’ sentirai bruciare”, rispondo “è da un bel pezzo che sento bruciare!”, Paolo accanto a me ride. Ricordo la sua voce tremante “c’è Davide, arriva”, lo sento emozionato e non vedo l’ora di regalargli questa enorme felicità. Spingo più forte che posso.
La voce esplode fuori dal mio corpo, un enorme calore, poi la pausa. Sento dei movimenti e mi dicono che è Davide, che è lui che si sta muovendo per venir fuori. Arriva una contrazione, spingo a più riprese ed ecco che lo sento scivolare fuori da me, un urletto immediato “dov’è, dov’è?” Eccolo tra le mie gambe, mi metto seduta e il mio corpo è molle, non lo sento più, ogni dolore è sparito. Piccolo topino caldo appoggiato al mio petto, è l’amore che esplode. Guardo Paolo e gli dico che è meraviglioso, che lo abbiamo fatto noi. Vedo le mie ostetriche vicino, mi ricordano che il parto deve ancora finire. Sento questo corpicino caldo sulla mia pelle, è soffice. Mio marito emozionatissimo, la voce tremante. Ecco una contrazione e la spingo fuori, nasce la placenta, la sento fresca.
Davide piange, io lo abbraccio stretto a me. E siamo in cerchio attorno a lui e iniziamo a cantare la canzone che lo ha accompagnato per gli ultimi mesi di gravidanza. Al suono delle nostre voci pian piano si rasserena e si attacca al mio seno. E’ la perfezione, la dolcezza. Le nostre ostetriche ci salutano, quelle dell’ospedale non le ricordo neanche, non so dove sono andate e non le rivedrò pi. Rimaniamo soli per due ore in sala, parto ci coccoliamo, ci abbracciamo e godiamo di ogni istante.
E così si conclude il nostro lungo viaggio con prodomi intensi durati per circa 32 ore, un travaglio attivo di 3h30 e 30 minuti di fase espulsiva. Di queste ore ne ricordo solo alcune, molto mi è stato riportato dalle mie ostetriche e da mio marito, io ho solo vaghi flash qua e la di immagini…la sera son rimasta in ospedale, poi dimissioni anticipate. Mentre ero li, nella notte, una mamma è entrata in travaglio attivo…la sentivo urlare a squarciagola e avrei voluto correre ad abbracciarla e cantare con lei. I vocalizzi son stati fondamentali, hanno allontanato il dolore da me e mi hanno fatto resistere a tutte queste ore.
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SCHEDA PARTO
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Informazioni Aggiuntive
località: Piemonte / Torino
data racconto 4/5/2015
anno parto 16/4/2015
feti n° 1
parto n° 1
tipo di parto: vaginale
periodo (settimane) 38+6
struttura: ospedale
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naturale non medicalizzato
senza epidurale
travaglio in acqua
rottura acque (intesa come PROM=rottura prematura delle mebrane)
taglio cordone ritardato
utero retroverso
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Altri racconti qua: raccolta racconti del parto