Diciamo che in questa prima parte parla di come vive il bambino il momento del parto e della gravidanza.
È scritto in modo molto diretto, come fosse un discorso a tu per tu, infatti scorre veloce la lettura

punto a favore!
Poi appunto, divide la gravidanza in due periodo: il primo, bellissimo, dove la placenta cresce più velocemente del bambino e quindi lui può sguazzare, divertirsi, muoversi

poi la placenta rallenta la crescita e il bambino continua a crescere e qui inizia il secondo periodo: la prigionia nel corpo della madre, dove il bambino e costretto a rimpiccolirsi, a costringersi, ad umiliarsi.
Già qui, usa una terminologia veramente orribile, come se fosse colpa nostra.
Poi appunto, spiega di come si sente il bambino quando iniziano le contrazioni dell'ultimo mese, di come inizia il suo odio verso la madre che lo obbliga a tale tortura

poi Pian piano si abitua a queste contrazioni che alla fine aspetta perché sono diventate per lui come carezze. Quando trac! Le contrazioni diventano insopportabili e giù di nuovo con terminologie cruente nei confronti della madre che rifiuta il bambino e lo vuole uccidere buttandolo fuori dal suo corpo per liberarsene
Poi a quel punto il bambino nasce e dice su questo cose che anche condivido, ma sempre con toni molto bruschi.
Sostanzialmente che il bambino vede e le luci lo accecano, il bambino sente è le voci forti lo assordano, la sua pelle è delicata e viene strattonato e strofinato, la sua schiena è abituata a stare ricurva e viene afferrato per i piedi e sballonzolato di qua è di la. Quindi piange, piange e si dispera. E i genitori cosa fanno? Ridono, ridono perché piange così forte e vuol dire che sta bene, vuol dire che c'è l'anno fatta. Ciascuno in quel momento pensa ai propri successi, ma non pensa al arma che sta vivendo il piccolo.
Mi infastidisce in generale la modalità e i termini con cui Leboyer comunica questi concetti. È vero, per il bambino è un trauma il parto e dovremmo farglielo vivere nel modo migliore possibile! Se sogno un parto in casa è proprio per questo

ma mi ha urtato, infastidito, irritato, il modo saccente di trasmettere questi pensieri e soprattutto il volermi far sentire in colpa per il fatto che non potrò anatomicamente diventare una mongolfiera per garantire 1mq di placenta e liquidi per far sguazzare mio figlio, che lo torturerò e lo farò soffrire con il travaglio.
Non credo che questa sia la via giusta per convincere e per far comprendere l'importanza di un parto naturale. Ti giuro che se non avessi già una mia idea penserei: allora cavolo, voglio un cesareo almeno non devo torturarlo e faccio in modo di essere in una struttura dove comunque appena nato lo trattino con rispetto sotto la supervisione di mio marito
